L’efficacia dei contatti iniziali: quanto è importante essere efficaci nei primi contatti terapeutici

23 Agosto 2021
MASTER SPAI

Quanto è importante essere efficaci nei primi contatti terapeutici? Katie Aafjes-van Doorn (Yeshiva University, New York, NY, USA) e Kristen Sweeney (Adelphi University, Garden city, NY, USA) fanno un’interessante revisione sistematica della ricerca in questo campo.

AAFJES-VAN DOORN, Katie; SWEENEY, Kristen. The effectiveness of initial therapy contact: A systematic review. Clinical psychology review, 2019, 74: 101786.

Tutti gli addetti ai lavori a prescindere dall’orientamento clinico che contraddistingue la loro pratica, sono concordi nell’affermare che le prime fasi della psicoterapia sono da considerarsi le più delicate poiché sono le più importanti del processo di lavoro. Una buona sessione iniziale può essere prodromica dell’andamento di un percorso terapeutico. Nelle prime sessioni sono in gioco elementi terapeutici trasversali ad ogni metodologia di lavoro come ad esempio l’instaurarsi di una relazione terapeutica di qualità, la costruzione dell’alleanza terapeutica, e l’osservazione iniziale atta a produrre una diagnosi.

È esperienza comune tra i clinici, che se le prime ore di lavoro riescono a sostenere gli elementi descritti, è possibile assistere ad una parziale diminuzione dei sintomi.

Da queste considerazioni nasce lo studio condotto da Katie Aafjes-van Doorn e da Kristen Sweeney sull’efficacia dei primi contatti paziente – psicoterapeuta. Le due studiose presentano una revisione sistematica su diverse pubblicazioni scientifiche, che hanno in comune una misurazione empirica dell’efficacia delle prime sedute, ma sono eterogenee rispetto al modello di psicoterapia analizzato.

Nella loro review per “contatti terapeutici iniziali”, si intendono le prime 3 ore di trattamento psicologico faccia a faccia. Queste sono considerate come una fase critica del trattamento. Le autrici hanno preso in esame 35 studi empirici analizzandoli in 3 fasi:

1)  un confronto sistematico delle caratteristiche dello studio utilizzando gli elementi tipici delle revisioni sistematiche e delle meta-analisi;
2)  Una valutazione basata sul rigore metodologico degli studi, in linea con le linee guida di Cochrane sulla valutazione del rischio di bias;
3)  Una sintesi narrativa dei risultati riportati.
La notevole variabilità tra modelli psicoterapici nel formato dei primi incontri (es: una singola sessione autonoma, o un formato 2 + 1 o una sessione iniziale di terapia multisessione) e l’eterogeneità dei disegni degli studi (misurazione post / pre-post, con / senza controllo) hanno limitato la comparabilità degli studi.

Le autrici evidenziano che la maggior parte degli studi presi in esame aveva metodologie relativamente deboli. Nonostante ciò, la loro sintesi suggerisce che una significativa percentuale di pazienti riporta benefici e riduzione dei sintomi dopo i primi incontri. Questo effetto positivo è particolarmente evidente se confrontato con i gruppi di controllo che non ricevono un trattamento e sembra essere mantenuto al follow-up.
I risultati suggeriscono che un’ampia gamma di formati di sessioni iniziali potrebbe essere di beneficio per i pazienti in contesti di cure primarie. La parzialità dei risultati, la diversità delle metodologie indicano la necessità di una maggiore ricerca sull’argomento per poter giungere ad affermazioni più certe.
L’articolo originale è consultabile qui

dott. Nicola Galetta